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Giornalisti e Pubblicità. Markette vs TV

Tra le attività precluse ai Sigg. giornalisti dal proprio Ordine c'è quella di fare pubblicità; recita così, infatti, il testo del ODG qui riportato:

Il protocollo d'intesa, firmato il 14 aprile 1988 da giornalisti, agenzie di pubblicità e associazioni di pubbliche relazioni, chiarisce il ruolo del giornalista dinanzi al problema degli inserti, degli annunci, degli spot e stabilisce che i messaggi pubblicitari devono essere sempre e comunque distinguibili dai testi giornalistici. Al giornalista è vietato fare pubblicità, a meno che non sia a titolo gratuito e nell’ambito di iniziative che non abbiano carattere speculativo.
Fonte. http://www.odg.it/content/le-carte

Apprendendo qualche mese fa questa norma, mi sono stupito quando qualche giorno fa ho visto su SKY, il celebre Fabio Caressa in uno spot SKY dedicato ai già clienti. Ovviamente, Caressa lo avrà fatto a titolo gratuito, pro bono, così da essere complaint con la norma. 

Il tema su cui mi soffermo non è tanto Fabio Caressa quanto, invece, quella serie di attività che hanno finalità pubblicitarie quali per esempio i redazionali, le c.d. markette che i giornalisti non potrebbero fare, a rigor di logica, leggendo quanto sopra riportato, ma di cui il web e i magazine cartacei sono pieni. 

SI definisce la pratica ben conosciuta di pubblicità redazionale come quella redatta sotto forma di notizia o di comunicato informativo e inserita, mascherata e dissimulata, tra i normali articoli e servizî del quotidiano o del periodico. (Non ho trovato link a Kotler, questo è della Treccani, ben piazzata nella SERP) 

Non è chiaro, quindi, come l'ordine non consenta ai giornalisti di fare spot TV ma invece permetta di scrivere dei redazionali, in tutto e per tutto una forma di pubblicitàVedremo come e se l'ODG ci potrà illuminare sul tema in oggetto.

Il Decreto "Salva Faccia"

In un precedente post, commentavo il defunto decreto Giochi che potrà essere convertito in ddl e che, al netto dei medesimi contenuti, potrebbe vedere il gioco online come l'agnello sacrificale su cui fare ricadere una normativa piuttosto marziale in tema di pubblicità del gioco online. 

Come espresso in una considerazione di Giovanni Carboni, il decreto sembrerebbe limitare per completo la pubblicità dei giochi, con poche eccezioni, quali "le sponsorizzazioni con uso del solo marchio e logo, la pubblicità istituzionale, le comunicazioni per la promozione del gioco responsabile, le lotterie nazionali. Le lotterie nazionali, salvo diversa interpretazione, sono il Lotto, il Superenalotto e le lotterie differite ed istantanee cioè i GrattaeVinci."

Chi compra la pubblicità, nel settore dei giochi? Basta fare anche solo mente locale sugli spot TV e banner che si vedono oppure rifarsi ai dati di settore: il 40% della pubblicità del gioco è relativa al gioco online, circa il 30% dalle lotterie (SuperEnalotto, 10 Lotto, GrattaeVinci e compagnia cantante) circa il 20% il betting che è sia online sia offline. Come è facilmente intuibile, il divieto assoluto della pubblicità porterebbe a colpire in pratica solo e soltanto il gioco online, niente altro (effettivamente per le macchinette nei bar non fanno campagne web o tv :-). 


Inoltre, al momento, il gioco online è l'unico assett del settore giochi che ha un tracciamento del comportamento di gioco e di spesa associate al codice fiscale, volto sia alla limitazione e all'individuazione di dinamiche truffaldine e comportamenti configurabili come ludopatico-patologici. Sì, niente di strabiliante, dacché per registrarsi a un sito di gioco online (casinò o scommesse, non fa nessuna differenza) si deve compilare un form di quasi 40 campi, controllato in tempo reale da SOGEI, il partner tecnologico di AAMS. Sì di fatto il gioco online è l'unico mezzo che assicura, per il momento, una più certa identificazione dei comportamenti di gioco e di spesa. 


Ma quanto pesa il gioco online? Il comparto online, nel 2014, ha "cubato" solo - si fa per dire - 728M di spesa (fonte: dati Osservatori Gioco Online Politecnico) e rappresenta solo il 4% dei ricavi del settore giochi. Da qui il titolo di questo post. 


Inoltre, il gioco online oltre ad essere tracciato, non genera dipendenza (questo emerge dalle survey statistiche come anche e soprattutto dai dati censuari) e  riguarda poco più del 2% degli utenti internet (circa 550k su 30M di italiani online, fonte: AudiWeb e Osservatori Gioco Online Politecnico di Milano)  la cui offerta competitiva è secondo la Commissione Europea l’unica efficace misura di contrasto dell’offerta illegale. 


Ma cosa succederebbe se si limitasse interamente la pubblicità del gioco?


Dal punto di vista del mercato,
del mercato online, bisognerebbe prendere in considerazione che di 97 operatori AAMS, i top 10 operatori  detengono il 75% del mercato(tra cui WH, PP, BWin, Intralot, Sisal, Lottomatica etc.). Il divieto assoluto della pubblicità, di fatto farebbe precipatare il numero di operatori dagli attuali 97 a poco più 20, forse - volendo esagerare - . Quale azienda resterebbe in un mercato dove non si ha più probabilità di crescita dovuta al divieto di pubblicità (se non con quella istituzionale, ma se il tuo brand non ha awareness, l'azione risulta abbastanza difficile) e con una limitata market share?


Dal punto di vista del cittadino continuerebbero le pubblicità dei prodotti come SuperEnalotto e GrattaeVinci (giochi spesso e volentieri visti in modo più blando rispetto alle slot, ma che offrono percentuali di vincita più basse e che creano comportamenti ludopatici di non minore importanza) continuerebbero le pubblicità di quei brand che hanno il sufficiente tasso di notorietà per essere conosciuti e riconosciuti con un adv istituzionale ma non gli altri (es. Lottomatica, Sisal)  e continuerebbero i fenomeni di ludopatia per gli utenti delle sale fisiche o dei baretti, piccole sale di gioco che non godono oggi di pubblicità e non ne godrebbero domani. Nnon si comprende, infatti, come la limitazione della pubblicità, al netto delle ventilate esclusioni e considerazioni di cui sopra, potrebbe limitare alcuni fenomeni ludopatici.


Insomma, sì, sembra che la compagine online del settore possa divenire l'agnello sacrificale di una certa politica miopistica - a pensare bene - o di azioni politiche più bigotte e poco competenti che sembra abbiano come obiettivo principale quello di "salvare la faccia".

 
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